Appena reduce da un volo con la compagnia low cost più amata dagli italiani, seguito da 40 minuti di bus, un paio d'ore d'attesa e tre ore di treno.
Stupita dal fatto che, per una volta, nessuno si è messo a urlare (in italiano) contro le hostess (che di italiano conoscono al limite le parole pizza e pasta) che, invano, tentavano di spiegare che è consentito un solo bagaglio a mano per persona, e sì, quel pacco da 2kg di mozzarella di bufala campana è considerato un bagaglio a parte, e no, non conta se prometti di mangiarle sull'aereo.
Nessuno, stranamente, ha occupato un intero scompartimento del portabagagli con valigie, cappotti, ombrelli, cappelli, libri, bambini e quant'altro, per essere poi gentilmente invitato dall'hostess a lasciare spazio agli altri viaggiatori, e quando la poverina non guardava, con uno scatto felino rimettere tutto nel portabagagli, e qualcosa in più, così, per "schiattiglia".
Nessuno, ancor più stranamente, si è lanciato in applausi e schiamazzi come ad una festa di addio al nubilato quando l'aereo è atterrato, come a voler congratulare il pilota per aver magistralmente azzeccato la pista di atterraggio giusta, o forse voler ringraziare il Signore per essere ancora vivi, o chissà quale motivo arcano che ancora stento a comprendere.
Poi, il prodigio: scendiamo dall'aereo e magicamente si crea una fila ordinata e compatta, nessuno accende il telefonino sbraitando "ciao mamma, sono arrivato", nessuno sbuffa e sboronchia perchè la fila è lunga e quanto ci mette quello e perchè non mettono più personale e ma secondo me quella fila è più veloce.
Alla fine, la rivelazione: passport, passport, passport, nessuna carta d'identità, capelli dal biondiccio pallidiccio al rosso ruggine, infradito a go go, colorito poco salutare...
Ero l'unica italiana sul volo.
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